Bernard Baertschi, Università di Ginevra
E' disponibile il testo francese.
L’insegnamento della filosofia in Svizzera
[ Traduzione dal francese di Giancarlo Conti ]
1. Situazione generale
a) Vecchia e nuova ORM.
In Svizzera, l’istruzione pubblica è essenzialmente di competenza dei Cantoni. E’ questo il caso anche dell’insegnamento secondario che porta a conseguire un Certificato di Maturità, che apre l’accesso agli studi universitari. Tanti Cantoni dunque, altrettanti sistemi: vi sono, di conseguenza, 23 differenti sistemi, 26 anzi, perchè alcuni cantoni sono divisi in due sotto-cantoni sovrani (Bâle, Appenzel e Unterwald). Da ciò le grandi differenze tanto a livello di monte-ore per ogni disciplina quanto di contenuto dei programmi. Ciò ha i suoi vantaggi: è più facile modificare una piccola struttura che una grande (riforme, ...) e il corpo docente ha maggiore incidenza nella realtà scolastica; ma, al giorno d’oggi, visto che la mobilità è diventata una virtù cardinale, se ne misurano piuttosto gli inconvenienti: è sufficiente cambiar casa da Ginevra a Losanna o da Neuchâtel a Bienne, perchè gli allievi si vedano immersi in un universo scolastico differente, il che esige sempre un grande sforzo di recupero e di adattamento e implica talvolta la perdita di un anno.
Ma la differenza non è totale, poichè il conseguimento della maturità è regolamentato a livello federale da un’ Ordinanza sul Riconoscimento del certificato di Maturità (ORM), che fissa un certo numero di richieste comuni. Ora, dopo parecchi anni di riflessione e la redazione di due progetti successivi, il contenuto dell’ORM è appena stato modificato, poichè il 15 febbraio di quest’anno il Consiglio federale ne ha approvato una nuova versione: si è passati dall’ORM 86 (cioè la versione del 1986) all’ORM 95 (versione del 1995). Visto che la collocazione della filosofia vi ha subito una importante modificazione, vale senz’altro la pena di dirne qualcosa.
ORM 86
Ciò che caratterizzava la vecchia formula dell’ORM è che essa riconosceva l’esistenza di cinque tipi di maturità (classica, latina, scientifica, moderna ed economica), ciascuna organizzata intorno a specifiche discipline: greco, latino, fisica, ... Le variazioni all’interno di questi cinque tipi erano limitate e ogni allievo che si presentava alla maturità doveva superare un esame in almeno undici discipline, essendo la maggior parte comune ai differenti tipi, tuttavia con differenze di livello nelle discipline specifiche. Si trattava, soprattutto, della lingua materna (tedesco, francese o italiano), di un’altra lingua nazionale, di matematica, di storia e di fisica. La filosofia non faceva parte di queste undici e non entrava dunque nel computo per il conseguimento dell’esame di maturità. La situazione era tuttavia un po’ più complicata, per il fatto che ciascun Cantone era libero di introdurre una o più discipline d’esame supplementari, il voto delle quali era conteggiato in un totale fissato da ogni cantone. Dunque era necessario realizzare un certo punteggio totale per ottenere il certificato di maturità; conseguentemente, un insuccesso in filosofia poteva comportare il non raggiungimento del minimo cantonale, il che determinava ipso facto il non conseguimento del certificato federale di maturità. Questo succedeva, ad esempio, a Ginevra.
ORM 95
La nuova maturità, che dovrà essere attuata in tutta la Svizzera da qui al 2003, si caratterizza per l’abbandono dei cinque tipi e per l’introduzione di opzioni. Come hanno detto i suoi estensori, essa ha per scopo di "promuovere e [di] rispettare il progetto dell’allievo per la sua formazione e conseguentemente [di] responsabilizzarlo". Ne è riprodotta la griglia nell’Allegato II; quando la si consulta, si vede che la filosofia compare proprio in queste opzioni, ed anche in due punti: nelle opzioni specifiche e nelle opzioni complementari. Che cosa significa esattamente ciò? Secondo gli estensori, l’opzione specifica "determina la caratterizzazione principale data dall’allievo al suo profilo di maturità" e l’opzione complementare "rinforza o diversifica il profilo determinato dalla scelta dell’opzione specifica". Non è tuttavia possibile scegliere la stessa disciplina nelle due opzioni, dunque, per ciò che ci riguarda, scegliere la filosofia come opzione specifica e come opzione complementare. Che ne è allora?
b) Il posto della filosofia
Bisogna anzitutto rilevare che, per la prima volta, la filosofia appare nell’ORM. Essa vi entra come opzione, ed è pertanto possibile per uno studente avere un certificato di maturità senza aver mai fatto filosofia (questo, d’altra parte, accade attualmente in numerosi cantoni tedeschi dove essa è una disciplina facoltativa; vedere l’Allegato I).
In quanto opzione specifica la filosofia definisce un profilo particolare: è l’equivalente della creazione d’una "Maturità filosofica" (l’opzione specifica dovrebbe costituire il 15% dell’orario settimanale degli allievi). Tuttavia, essa è accoppiata con la pedagogia-psicologia. Che cosa significa? "In opzione specifica [la filosofia] chiarirà l’impostazione della pedagogia-psicologia, alla quale essa conferisce un contesto epistemologico più largo e più generale". In altri termini, la filosofia è piuttosto l’"ancella" della pedagogia-psicologia. Tuttavia questa era l’indicazione del secondo progetto che non c’è più nella versione definitiva, che indica: "Filosofia o pedagogia-psicologia" (e non più "Filosofia e pedagogia-psicologia"). Ciò è senza dubbio la conseguenza della presa di posizione della Società svizzera di filosofia (SSP) che richiedeva espressamente questo cambiamento (cf. Allegato VI), cosicchè ora questa opzione copre di fatto due ambiti disciplinari. Ne risulta che i differenti cantoni e istituti scolastici potranno offrire l’una o l’altra. Vi saranno dunque cantoni e istituti [con la presenza] della filosofia, e altri [con la presenza] della pedagogia-psicologia.
Se si aggiunge a ciò che gli istituti non sono obbligati a offrire ai loro allievi tutte le opzioni proposte - ciò sarebbe in effetti difficile per gli istituti situati nei piccoli agglomerati -, ma solamente una "scelta sufficiente", ne conseguirà che la filosofia non sarà insegnata dappertutto. Ciò avverrà verosimilmente in quei luoghi nei quali essa non è mai stata insegnata e dove si desidera anzitutto l’organizzazione di una maturità pedagogica nel quadro della formazione dei futuri insegnanti. Tuttavia, è anche precisato che "i cantoni potranno conservare [la filosofia] come disciplina cantonale obbligatoria (fuori dalla regolamentazione) per tutti gli allievi".
Ciò vi sembrerà forse un po’ complicato, ma non è troppo difficile da decifrare conoscendone il retroterra:
1° Per ragioni delle quali parleremo fra poco e come mostra l’Allegato I, l’insegnamento della filosofia è molto differente in Svizzera. Conseguentemente, la nuova ORM permette di mantenere lo status quo: nulla di obbligatorio (non è gran cosa, ma è già più del niente che prevaleva qua e là). E’ d’altra parte "qualcosa di più" in un secondo senso: in effetti, l’ORM 95 ufficializza l’insegnamento della filosofia, il che è la cosa principale; pertanto, se certi cantoni desiderassero abolirla per ragioni economiche o ideologiche, come si è già verificato nel passato, sarà per loro più difficile farlo attualmente.
2° Certi Cantoni svizzero-tedeschi danno importanza alla formazione dei loro insegnanti in Scuole Normali, diverse dai Ginnasi, che preparano all’accesso all’Università. L’introduzione della pedagogia-psicologia come opzione specifica permette loro di mettere in atto una maturità pedagogica conforme, che altri Cantoni - i romanci in particolare - non vogliono. Mettere la pedagogia-psicologia in concorrenza con la filosofia nella stessa opzione permette dunque a tutti di conservare le loro tradizioni, salvo, se essi lo desiderano, di trasformarle.
Così, nei Cantoni di Ginevra e del Vaud, per esempio, la filosofia è attualmente obbligatoria e dovrebbe restarlo, almeno se si crede a un recente articolo del Journal de Genève:
"L’intesa valdo-ginevrina verte ancora sul rifiuto di mettere in atto dei corsi di pedagogia e di psicologia che l’ORM propone all’interno di un’opzione specifica con la filosofia [l’articolo commentava il secondo progetto e non la versione definitiva, poichè essa non era ancora stata elaborata]. "E’ una richiesta dell’Aarau e di altri, per la formazione dei loro insegnanti, sottolinea Mme Exermann. Al contrario, Ginevra e Vaud dovrebbero recuperare la filosofia. Marianne Extermann pensa anche di chiedere a Berna di farne una disciplina obbligatoria a Ginevra, nel quadro delle scienze umane".
Al contrario, nel semi-cantone di Bâle-Ville, la filosofia sarà forse proposta come opzione complementare, ma non come opzione specifica, mentre essa ora è solamente una disciplina facoltativa, il cui monte-ore varia fortemente da una scuola ad un’altra.
2. Monte-ore
a) Le conseguenze del Sonderbund
Dalla lettura del Tabulato del monte-ore per ogni cantone riprodotto nell’Allegato I, ci si rende conto che il numero di ore di filosofia assegnato nei diversi cantoni è essenzialmente in funzione di due parametri:
La lingua: i cantoni francofoni hanno più ore di filosofia che i germanofoni.
La religione: i cantoni cattolici hanno più ore di filosofia di quelli protestanti.
Si comprende dunque come Fribourg e il Valais, cattolici e in maggioranza francofoni abbiano più ore, mentre Zurigo o Argovie, protestanti e germanofoni ne abbiano meno.
Questo stato di cose è anzitutto una conseguenza del Sonderbund, guerra civile che, dal 1845 al 1848, oppose i Cantoni cattolici e protestanti, a causa delle misure anticlericali prese nei secondi. Questi ebbero la meglio e i Gesuiti furono cacciati dalla Svizzera. I Cantoni protestanti, per i quali la filosofia si identificava principalmente con la Scolastica, la bandirono nella stessa occasione, mentre i Cantoni cattolici la conservarono per la stessa ragione. Ciò spiega il parametro confessionale. Per ciò che concerne il parametro linguistico, bisogna semplicemente ricordare l’influenza della Francia da una parte, dove la filosofia svolge un ruolo importante nell’insegnamento secondario, e quella della Germania dall’altra, dove questa disciplina è solamente una materia universitaria.
b) Evoluzione
Dall’inizio del XX secolo, per effetto dell’introduzione di nuove discipline nell’insegnamento secondario e di una laicizzazione che poco o tanto progredisce, si nota una tendenza alla diminuzione del numero di ore di filosofia insegnate nei Cantoni dove essa lo era fortemente, e dunque una diminuzione globale, perchè questa perdita non è stata compensata in altro modo. L’introduzione della nuova ORM potrebbe rovesciare questa tendenza, anche se è troppo presto per dirlo. E’ in ogni caso sicuro che nei Cantoni, nei quali la filosofia sarà proposta come disciplina opzionale, il suo monte-ore per coloro che la sceglieranno aumenterà sensibilmente. Infatti, ho già ricordato che l’opzione specifica dovrebbe costituire il 15% dell’orario settimanale degli allievi; quanto all’opzione complementare, le sono dedicate il 6% delle ore; visto che l’orario degli allievi è circa di 30 ore settimanali, ne risultano, in tre o quattro anni, tra le 4 e le 5 ore settimanali per l’opzione specifica e quasi due ore settimanali per l’opzione complementare. In breve, in tutto 18 ore per la prima e 7-8 ore per la seconda, ma, sia ben chiaro, nell’opzionale, mentre, attualmente, 7 ore è il massimo esistente (nel Valais, in un corso obbligatorio).
Bisogna ancora rilevare che, in certi Cantoni, sono state create scuole secondarie non ginnasiali, che, talvolta, comportano la presenza della filosofia nei loro curricoli. Per esempio, a Ginevra, esiste la Scuola di Cultura Generale (ECG) che, in tre anni, prepara gli allievi a differenti scuole professionali, soprattutto nell’ambito medico; ora, l’ultimo anno, l’insegnamento comprende due ore settimanali obbligatorie di filosofia, una parte delle quali, per iniziativa dei docenti, è svolta in collaborazione con gli insegnanti di biologia sui problemi della bioetica.
3. Programmi
a) Alcuni esempi
Dal momento che l’istruzione pubblica è, in Svizzera, di competenza dei Cantoni, ciò implica, molto chiaramente, la responsabilità pedagogica, e dunque dei programmi. In breve, 26 Cantoni e semi-cantoni, e altrettanti programmi. Ciò non è tuttavia esatto, dal momento che da una parte i Cantoni nei quali la filosofia non è oggetto di un corso obbligatorio non hanno, in genere, programmi per questa disciplina (fattore deflazionista), e che, d’altra parte, in altri Cantoni, gli istituti scolastici sono liberi di elaborare i propri programmi (fattore inflazionista). Nondimeno, una conclusione si impone: il numero dei programmi di filosofia in circolazione è grande.
Nell’Allegato V, ne abbiamo riprodotti due. Cosa si ricava dalla loro lettura? Che la loro redazione ha subito una doppia influenza:
quella delle teorie pedagogiche in voga al momento della loro redazione. Per esempio, il programma di Fribourg posa sulla distinzione, cara alla pedagogia per obiettivi, tra gli obiettivi propri, le modalità (qui: metodi) e i contenuti, mentre quello di Ginevra, chiaramente più vecchio, insiste esclusivamente sui contenuti.
quella delle teorie filosofiche in voga al momento della loro redazione. Ciò si manifesta soprattutto nell’elenco dei temi da trattare e nell’ambito dei filosofi contemporanei, mentre la lista dei classici è molto standard. Così il programma di Fribourg parla di ermeneutica e gli autori contemporanei citati sono quasi tutti scelti all’interno della tradizione "continentale" (in opposizione alla tradizione analitica anglo-sassone e austriaca): razionalismo francese e tedesco, ermeneutica ed esistenzialismo. Vi si rileva anche la presenza della tradizione tomista, con i nomi di Gilson e di Maritain, cosa che non stupisce in un Cantone cattolico, nel quale, ancora due decenni fa, i titolari di cattedre di filosofia dell’Università di Friburgo, tutti Domenicani, avevano un diritto di supervisione sull’insegnamento secondario e potevano infliggere sanzioni agli insegnamenti che, secondo loro, avrebero potuto mettere in pericolo la retta ragione dei collegiali (non si trattava solo di un diritto puramente formale: negli anni 70, un docente di filosofia è stato sospeso per parecchi mesi per questa ragione). Le suddivisioni interne alla sezione "materie trattate" riflettono anche in parte il curriculum neoscolastico. A Ginevra, al contrario, l’orientamento esistenzialista e psicoanalitico è nettamente più marcato e il tomismo è completamente assente, anche se il programma è altrettanto universalista - il suo retroterra è visibilmente kantiano - nel tener conto dei campi della filosofia. Non è d’altra parte per caso che il tomismo caratterizza il programma di un Cantone cattolico, mentre è il kantismo che svolge questo ruolo in un Cantone protestante.
Una caratteristica comune di questi due programmi che va sottolineata, in quanto essa si ritrova anche in altri (ben diversi), è la loro apparente ambizione; infatti, essi esigono un percorso pressochè completo dei campi e della storia della filosofia, quanto meno nelle correnti che essi privilegiano. Questa ambizione non è tuttavia che di facciata, poichè è evidente che, a meno di rimanere molto alla superficie, non è possibile trattare tutto. Di conseguenza, bisogna piuttosto comprendere questi programmi come quadri, all’interno dei quali il docente è molto libero di muoversi, essendo i punti menzionati lì soprattutto per attirare la sua attenzione su ciò che deve restare presente al suo spirito quando insegna, perchè è questo ciò che conta. Il programma ginevrino è stato anche intenzionalmente redatto in questo spirito: preso atto del fatto che i docenti provenivano da orizzonti culturali differenti, avendo seguito i loro studi in diverse Università, è sembrato ai redattori del programma che voler essere più precisi sarebbe stato, nello stesso tempo, illusorio e ingannevole.
Una tale attitudine "aperta" è possibile, anche perchè, in Svizzera, gli esami di maturità, ai quali gli allievi vengono sottoposti, là dove ci sono per la filosofia, sono elaborati e corretti dal docente che ha prodigato loro il suo insegnamento durante l’anno scolastico. Di conseguenza, la pressione del programma unico non esiste, contrariamente, per esempio, a ciò che succede in Francia.
b) I piani di studio quadro (PEC)
Quadro storico
Questi due esempi non sono che un campione della diversità che esiste nei differenti programmi cantonali, anche se essi indicano molto bene dei punti comuni. Ciò non è d’altra parte proprio della filosofia: si potrebbe fare la stessa constatazione per ogni disciplina. Da qui, dopo molto tempo, [è derivata] una perplessità e un imbarazzo nelle autorità scolastiche, dal 1970 in ogni caso, quando un Concordato scolastico è entrato in vigore. Ne è risultato uno sforzo di armonizzazione a livello dei programmi che, molto recentemente, ha dato i suoi frutti, dopo che il 9 giugno 1994 è stato promulgato un "Piano di studi quadro per le scuole della maturità", ultima versione di un documento, la prima stesura del quale data dal 1987. Questo documento ha appena acquisito un peso considerevole, in occasione dell’entrata in vigore della nuova ORM, dal momento che questa recita: "L’insegnamento fornito dalle scuole di maturità si fonda sui piani di studio emessi o approvati dal Cantone. Questi ultimi si fondano sul Piano di studi quadro edito dalla Conferenza svizzera dei direttori cantonali dell’istruzione pubblica (CDIP) per l’insieme della Svizzera" (art. 8). Il principio della sovranità cantonale è rispettato - in Svizzera è essenziale -, ma gli sono posti alcuni limiti, che, d’altra parte, si sono allentati nel passaggio dal secondo progetto alla versione definitiva, dal momento che questa dice che i piani di studio cantonali "si fondano sul Piano di studi quadro", mentre quella prevedeva "devono essere in conformità con il Piano di studi quadro", il che costituiva una direttiva più forte e più precisa, anche se, evidentemente, più difficile da verificarsi.
Prima di vedere in cosa consistano questi limiti, ovvero qual è il contenuto del PEC per la filosofia, è importante rilevare che la Società svizzera di filosofia, dopo la procedura di consultazione che ha preceduto l’adozione della nuova ORM, ha criticato il ruolo che si voleva far giocare ai PEC nei termini seguenti: "Noi abbiamo riserve sull’importanza data ai Piani di studio quadro (art. 8), perchè essi sono stati elaborati senza consultare tutti gli ambienti interessati e indipendentemente dal progetto della riforma dell’ORM: non era mai stato previsto di dar loro una tale importanza". Ciò sembrava contraddire la Prefazione dei PEC che affermano: "L’elaborazione del Piano di studi quadro, quale è stato edito dalla Conferenza dei direttori dell’istruzione pubblica, non ha potuto farsi che grazie alla collaborazione attiva e intensa di insegnanti di ginnasio competenti così come di specialisti", e sembrava ignorare che, nel 1991, la CDIP aveva già molto chiaramente stabilito un legame tra il PEC e la riforma dell’ORM, dicendo che "Il PEC deve essere sufficientemente flessibile per adattarsi tanto alle esigenze dell’attuale Ordinanza federale sulla sul riconoscimento dei certificati di maturità (ORM) quanto a quello di una versione revisionata". Ciò che è realmente accaduto è che, dopo l’elaborazione dei PEC, gli insegnanti non hanno percepito l’esistenza di questo legame: l’informazione non è stata effettivamente fornita, cosìcchè, [risultandone] poco chiara l’utilità e pertinenza, numerosi di loro si sono completamente disinteressati della loro redazione; la stessa cosa è accaduta anche tra i filosofi. Più precisamente, se le Società di insegnanti si sono spesso pronunciate, la loro base è restata piuttosto passiva; bisogna dunque prendere cum grano salis l’affermazione della CDIP, che, "mai una consultazione è stata intrapresa con tanto interesse negli ambienti ginnasiali".
Un’altra fonte di inquietudine, per alcuni insegnanti, è che la CDIP raggruppa i consiglieri di Stato (ministri) di ogni Cantone, cioè delle autorità politiche; si può quindi pensare che non sia giusto attribuire loro una autorità pedagogica, con la scappatoia dei PEC. Si sa, i legami tra la politica e la pedagogia sono stati spesso motivo di frizione.
Questo ormai appartiene al passato e le riserve che la SSP o altri hanno potuto esprimere sui PEC non sono state recepite. Guardiamo dunque qual è il loro contenuto.
Il PEC per la filosofia
Come tutti gli altri PEC, quello che riguarda la filosofia (noi lo riproduciamo nell’Allegato IV) è stato pensato in termini di obiettivi piuttosto che di contenuti, nell’idea che l’obiettivo mette in relazione l’allievo e il contenuto (il contenuto è finalizzato ai bisogni dell’allievo e della sua formazione e non è considerato unicamente per se stesso). Ciò spiega la sua struttura tripartita: esso comincia con l’enunciazione degli obiettivi generali, continua con delle spiegazioni e considerazioni e termina con l’enunciazione di obiettivi fondamentali, formulati in termini di conoscenza, di saper-fare e di attitudini. Ecco la struttura di tutti i PEC; resta da riempirla. Come lo fa la filosofia?
Si riconoscono immediatamente negli obiettivi fondamentali parecchi elementi dei due programmi cantonali, dei quali noi abbiamo parlato; e se questi ultimi sembravano più orientati sui contenuti è in buona parte perchè essi dovevano essere immediatamente applicabili e non solamente costitutire un fondamento. Come elementi comuni, si rileverà chiaramente la valorizzazione della funzione critica della filosofia e l’insistenza sul suo carattere storico, attraverso il riferimento agli autori del passato, considerati come "interlocutori privilegiati".
Dalla lettura di questi obiettivi, si comprende perchè i PEC non hanno suscitato l’adesione di tutti i filosofi. Dire, per esempio, che "ogni argomentazione, spiegazione, che ogni forma di impegno restano allo stato di problema" è una presa di posizione filosofica che un positivista, per esempio, non potrebbe accettare, non più d’altra parte di un tomista o di tutti gli altri che pensano che la filosofia deve, pur restando critica, fornire tuttavia certe risposte o, quanto meno, indicare certe piste (pensiamo alle questioni di etica pratica, particolarmente a quelle di bioetica). Ma ci si rende conto anche che qualsiasi formulazione avrebbe incontrato gli stessi problemi, a meno di esigere dai filosofi una unità di dottrina e di pensiero - una scolastica -, che la prima frase degli obiettivi generali smentisce: "L’insegnamento della filosofia rende l’allievo capace - e desideroso - di pensare filosoficamente da se stesso, in uno spirito critico e autocritico" e che, senza dubbio, nessuno giudicherà augurabile, in quanto si tratta anche di chiarire l’impegno di giovani adulti in un mondo pluralista. Anche sapere se l’espressione "pensare filosoficamente" ha un senso e, se lo ha, qual è, è un problema di natura filosofica; a meno che, nel quadro dei PEC, ciò sia un semplice strumento di retorica per caratterizzare in maniera tautologica, dunque vuota, la specificità della filosofia in rapporto alle altre discipline. Lo storico pensa storicamente, il fisico scientificamente; dunque il filosofo pensa filosoficamente e l’allievo deve apprendere a pensare storicamente, scientificamente e filosoficamente!
Tale lettura degli obiettivi generali sarebbe tuttavia scorretta e ingiusta, perchè le considerazioni-spiegazioni sviluppano i punti forti di questi obiettivi, precisando il senso che si deve conferire loro. Esse insistono particolarmente sulla differenza tra l’approccio filosofico (critico-riflessivo) e l’approccio scientifico, così come sull’impegno etico e politico del futuro cittadino che l’allievo sarà. Poichè la prima differenza non è limpida - la scienza non è anch’essa critico-riflessiva? -, è precisato più avanti che si tratta in filosofia di chiarificazione concettuale, al fine non solo di fornire all’allievo delle conoscenze, ma soprattutto un saper-fare: "capacità di sviluppare dei processi intellettuali personali", acquisiti attraverso la pratica del dialogo; dunque, in definitiva, un saper-essere. E’ ciò che bisogna intendere per "pensare filosoficamente", ma questo non è tutto.
Infatti il PEC afferma inoltre che il movimento della filosofia deve realizzarsi attraverso una "ricerca permanente delle ragioni ultime": la metafisica classica non è dimenticata, e, poichè sotto la voce "saper-fare" si tratta ancora di "verità primitive", si vede che la metafisica fondazionale alla Cartesio non è completamente tralasciata, cosa che, certamente, non ha potuto che irritare coloro che giudicano che il linguaggio metafisico è privo di significato o che pensano che la metafisica occidentale si sia, dopo Platone, traviata.
Non appena si guardi il testo un po’ da vicino ci si rende conto che le prese di posizione orientate - alcuni direbbero: dogmatiche -, anzi le incoerenze, formicolano, anche se, molto spesso, esse sono camuffate da una retorica che non evita sempre la magniloquenza e un certo gergo. Che pensare, infatti, di una frase come: "Ma, dal momento che il coglimento della verità e del valore non si realizza mai pienamente, l’uomo non può compiacersi di questo potere, al punto da sacrificargli la minima porzione di dignità umana"? Non si può certo applicarle il criterio di pensiero filosofico al quale il PEC è ricorso, vale a dire la chiarezza dei concetti! E se, per ora, un vuoto di questo tipo è probablimente inevitabile, dal momento che si vuole unificare un discorso che integri dei punti di vista che emanano da tradizioni diverse, bisogna riconoscere che il PEC della filosofia è stato generoso in materia.
Ciò precisato, si comprende senza difficoltà il contenuto degli obiettivi fondamentali, poichè essi discendono molto direttamente da ciò che precede, anche se alcuni possono, per la loro ambizione, lasciare perplessi, come, ad esempio, "Vedere sempre e ancora al di là di ciò che è semplicemente dato, secondo tutti i punti di vista possibili" o "farsi garante di queste due libertà" (libertà personale e libertà politica).
L’idea dell’insegnamento della filosofia che si ricava da questo testo è quella di un apprendimento di un pensiero personale, nelle sue dimensioni cognitive e pratiche (etiche), fondate nello stesso tempo sull’argomentazione e lo studio dei grandi pensatori del passato, anche se in costante relazione con ciò che l’allievo vive, personalmente e in una società. Ciò è, tutto sommato, qualche cosa di abbastanza tradizionale che non è molto lontano dall’affermazione: "apprendere a filosofare è apprendere a vivere da adulti". E’ difficile non essere d’accordo con tali obiettivi, anche se li si può trovare un po’ pretenziosi; ma, senza dubbio, questo è un effetto della posizione particolare che occupa la filosofia come disciplina d’integrazione; e, d’altra parte, una impressione analoga si ricava dalla lettura del PEC di storia, perchè questa disciplina, a suo modo, occupa una posizione analoga. Bisogna anche ricordare che il PEC vuole essere una guida generale per l’elaborazione di programmi cantonali più specifici; e, infatti, se in un commento su una versione precedente dei PEC, la Commissione ginnasio-Università notava, anche se in maniera generale, - ne consegue "che da una parte certi obiettivi riguardavano non qualche disciplina, ma la formazione ginnasiale nel suo insieme (per esempio lavorare con rigore, essere tolleranti), e che d’altra parte, certe questioni potevano essere trattate in numerose discipline"-, il CDIP ha potuto rispondere, dopo aver ammesso che "alcune ridondanze esistono tra i diversi PEC delle discipline", che "ciò è giustificato, e, per di più, auspicato".
I Piani di studio cantonali
A partire dal PEC, alcuni piani di studio cantonali verranno dunque elaborati. In questa ottica, i PEC si presentano essi stessi come segue:
"Il PEC non è
un programma di insegnamento, un catalogo di materie, una griglia oraria
un check-list da far percorrere, un manuale metodologico o didattico
un progetto da realizzare per una scadenza precisa
... ma ...
una base per la scoperta di obiettivi destinati alla messa in cantiere di progetti propri dei cantoni e delle scuole
un aiuto per l’elaborazione di un profilo della scuola
una piattaforma per un lavoro in équipe di insegnanti
un incitamento all’insegnamento interdisciplinare
un documento di riferimento quando si tratterà di progredire verso la realizzazione di un progetto di scuola".
Ciò resta ancora sul piano programmatico, anche se fortemente orientato dal concetto di funzionamento globale di una o più scuole, il che sottolinea ulteriormente il desiderio di armonizzazione che ha presieduto tanto la nuova ORM quanto la redazione dei PEC. Per ciò che riguarda i Piani di studio cantonali, non ne è stato ancora elaborato nessuno fino a questo momento, come voi potete sospettare, e non è possibile predire il contenuto preciso che essi avranno, anche se si può pensare che la loro precisione non supererà quella dei programmi cantonali attuali. Si può tuttavia già supporre che, come la filosofia è, nel PEC, associata alle Scienze umane, e come l’interdisciplinarietà è attualmente fortemente valorizzata, cosa di cui un filosofo non potrebbe evidentemente lamentarsi - il Piano di studi quadro per le scuole di maturità, parla di "collocare gli obiettivi di differenti discipline in una prospettiva educativa globale. L’intenzione perseguita è di mettere in evidenza le competenze comuni che ogni disciplina contribuisce a sviluppare" e afferma: "la chiusura delle discipline è un freno alla buona formazione" -, vi saranno in essi relazioni forti, che possono aprire la via, per il filosofo, a collaborazioni, in particolare con gli scienziati "duri", nell’epistemologia delle scienze, con i biologi nella bioetica o con gli storici nella storia delle idee. Esperienze già esistono in questo ambito, ma esse sono solamente il frutto di iniziative individuali, fondate su motivazioni personali molto forti. Se i PEC ne faciliteranno la pratica, nessuno se ne lamenterà.